Frana allo Scalo Nord
Di Ugo Betti. Con Gabriele Catalano, Francesca Giacardi, Sandro Giacardi, Maria Teresa Giachetta, Guido Lomazzo, Jacopo Marchisio, Gianluca Nasuti. Proiezioni video di Francesca Pesce. Effetti sonori di Massimo Bressan. Regia dei Cattivi Maestri.
Durante i lavori per la costruzione di ferrovia, una frana notturna sconvolge il cantiere, provocando morti e feriti. I risultati dell'indagine condotta dal Consigliere Parsc, magistrato in attesa di promozione, non sono considerati sufficienti dalle autorità, che inviano un suo superiore, l'Accusatore Goetz, a verificarne l'operato.
Chi è stato responsabile del disastro? Gli operai, distratti, stanchi, in cerca di pretesti per non lavorare? Oppure l'ingegnere Gaucker, titolare dei lavori, i cui metodi spietati sono denunciati proprio dai dipendenti? O forse gli uni e gli altri sono tutti ingranaggi di una superiore, inarrestabile macchina dello sfruttamento del lavoro, della mercificazione dell'uomo, della ricerca a ogni costo del massimo profitto, macchina incarnata nella Società Ferroviaria guidata dal misterioso Kurz?
Costretto da Goetz (quasi una proiezione della sua coscienza) a emettere un verdetto, Parsc tenterà di richiamare tutti alla pietà per chiunque soffra e all'impossibilità di individuare una vera giustizia: ma le parole dette non si cancellano; e la realtà dello sfruttamento e della distruzione delle vittime lascerà una traccia incancellabile.
Dramma quasi metafisico, in cui spazio e tempo sembrano sospesi e indefinibili, Frana allo Scalo Nord oscilla in maniera forse non sempre risolta ma estremamente interessante fra l'astrazione della sua forma e la cruda realtà che viene raccontata, esempio fra i maggiori della poetica di Ugo Betti (1892-1953), giudice e drammaturgo, tra le voci più problematiche del teatro italiano del Novecento.
Nell'allestimento dei Cattivi Maestri, il ricorso alle proiezioni video rende insieme più vicino e più alienante il percorso di questa indagine entro l'uomo e il suo sfruttamento. I segni della tragedia e delle morti bianche sono ancora lì, come una striscia di sangue che ossessiona la mente dei personaggi e non li libera però dai loro condizionamento sociali e culturali. Se Ugo Betti chiudeva la vicenda nel tentativo di conciliare entro la pietas le contraddizioni dell'animo umano, oggi, quando la drammatica realtà delle morti sul lavoro incide ancora pesantemente, da noi come in tutto il mondo, il nostro spettacolo lascia invece aperto un interrogativo che è anche un grido di protesta: ma non – vogliamo credere – un'ammissione di sconfitta.
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